WOLFGANG AMADEUS MOZART (1756 – 1791)
W. A. Mozart nacque il 27 gennaio 1756. Figlio di Leopold Mozart di Salisburgo, violinista di corte e vice-maestro di cappella, «Wolferl», bambino prodigio, godette di un’ educazione seria, diversificata e ben orientata.
I giri concertistici portarono il giovane Mozart, che suonava il pianoforte, a viaggiare per tutta l’ Europa. Nel momento più appropriato, il padre seppe però contenere il brilliante virtuosismo del figlio a favore della creatività.
Wolfgang Amadeus Mozart divenne uno dei geni più versatili dell’ arte musicale ed in ogni genere creò opere immortali. il catalogo cronologico delle opere di Mozart, compilato dal musicologo L. Köchel, comprende 626 composizioni dagli stili e generi musicali più diversi, tra cui musica sacra e profana, opere vocali e strumentali.
Questo austriaco, probabilmente il più grande ed il più famoso di tutti i tempi, fu l’ unico maestro del XVIII secolo a lasciarci in eredità una musica che ha conservato così intatta la sua freschezza e che ancora oggi sul palcoscenico ha un effetto così diretto.
Bambino prodigio (1756 – 1771)
Wolfgang Amadeus Mozart nacque a Salisburgo, capitale dell’Arcidiocesi di Salisburgo, all’epoca territorio sovrano appartenente al Sacro Romano Impero nel Circolo Bavarese (attualmente austriaco). Il padre Leopold, compositore ed insegnante di musica, ricopriva l’incarico di vice-kapellmeister.
Dei numerosi figli di Leopold ed Anna Maria, Wolfgang a parte, l’unica non morta nell’infanzia era la sorella maggiore Maria Anna (1751 – 1829), detta Nannerl o Nannette.
Il bambino dimostrò un talento per la musica tanto precoce quanto straordinario, un vero e proprio, straordinario bambino prodigio: a tre anni batteva i tasti del clavicembalo, a quattro suonava brevi pezzi, a cinque componeva. Esistono vari aneddoti riguardanti la sua memoria prodigiosa, la composizione di un concerto all'età di cinque anni, la sua gentilezza e sensibilità, la sua paura per il suono della tromba. Inoltre sviluppò fin da bambino l’orecchio assoluto.
Quando non aveva neppure sei anni, il padre portò lui e la sorella, pure assai brava, a Monaco, affinché suonassero per la corte dell’Elettore Bavarese; alcuni mesi dopo essi andarono a Vienna, dove furono presentati alla corte imperiale e in varie case nobiliari.
«Il miracolo che Dio ha fatto nascere a Salisburgo» era la definizione che Leopold dava di suo figlio e pertanto egli si sentiva in dovere di far conoscere il miracolo a tutto il mondo (e magari di trarne qualche profitto).
Appena tredicenne, Mozart aveva acquisito una notevole familiarità con il linguaggio musicale del suo tempo. Le prime sonate di Parigi e Londra, i cui autografi includono l’ausilio della mano di Leopold, mostrano un piacere ancora infantile nel modellare le note e la tessitura musicale. Ma le sinfonie di Londra e de L’Aja attestano la rapida e originale acquisizione da parte di Mozart della musica che aveva incontrato. Analoghe dimostrazioni provengono dalle sinfonie composte a Vienna (come KV 43 e, specialmente, KV 48), caratterizzate da una tessitura più ricca e da uno sviluppo più approfondito. La sua prima opera italiana, poi, mostra un veloce apprendimento delle tecniche dello stile buffo.
Mozart in Italia (1769 – 1773)
Dal 1769 al 1773 Wolfgang viaggiò con il padre per l’Italia, in varie riprese, soggiornando a Torino, Milano, Verona, Venezia, Bologna, Roma e Napoli.
I soggiorni milanesi diventeranno una importante esperienza formativa: Mozart (talvolta chiamato «Volgango Amadeo») rimarrà a Milano complessivamente per quasi un anno della sua breve vita. Incontrò musicisti (Johann Adolph Hasse, Niccolò Piccinni, Giovanni Battista Sammartini, Johann Christian Bach e forse anche Giovanni Paisiello), cantanti (Caterina Gabrielli) e scrittori (Giuseppe Parini, che scrisse per lui alcuni libretti).
Hasse rimase molto colpito dalle capacità del ragazzo, tanto che disse:
«Questo ragazzo ci farà dimenticare tutti.»
Lasciò Milano il 15 marzo 1770, per tornarci più volte. Arrivato a Lodi, sulla strada per Parma, scrisse le prime tre parti, Adagio, Allegretto e Minuetto, del quartetto KV 80, completato con il Rondò che scriverà più tardi, forse a Vienna (1773) o a Salisburgo (1774). Tornerà a Milano per rappresentare le sue opere liriche. L’ultima a debuttare in un teatro italiano fu il Lucio Silla, nel 1772.
Un altro importante soggiorno fu quello di Bologna (in due riprese, da marzo ad ottobre 1770). Ospite del conte Gian Luca Pallavicini, ebbe l’opportunità di incontrare musicisti e studiosi (dal celebre castrato Farinelli ai compositori Vincenzo Manfredini e Josef Mysliveček, fino allo storico della musica inglese Charles Burney e padre Giovanni Battista Martini). A Parma ebbe l’occasione di assistere ad un concerto privato della celebre soprano Lucrezia Agujari, detta La Bastardella.
Amadeus prese lezioni di contrappunto da padre Martini e sostenne l’esame per l’aggregazione all’Accademia Filarmonica di Bologna (allora titolo ambitissimo dai musicisti europei). Il difficile e rigido esame dell'ancora giovane Mozart non fu particolarmente brillante, ed esistono prove del fatto che lo stesso Martini lo abbia aiutato in sede d’esame per favorirne la promozione. A riprova del travagliato esito, infatti, del cosiddetto compito di Mozart esistono oggi ben tre copie, le prime due esposte al Museo internazionale e biblioteca della musica e quella «definitiva» all’Accademia Filarmonica di Bologna. A Roma Mozart dà una straordinaria prova del suo genio: ascolta nella Cappella Sistina il Miserere di Gregorio Allegri e riesce nell’impresa di trascriverlo interamente a memoria dopo solo due ascolti. Si tratta di una composizione a nove voci, apprezzata a tal punto da essere proprietà esclusiva della Cappella pontificia, tanto da essere intimata la scomunica a chi se ne fosse impossessato al di fuori delle mura vaticane. L’impresa ha i caratteri dello sbalorditivo, se si pensa all’età del giovanissimo compositore e alla incredibile capacità mnemonica nel ricordare un brano che riassume nel proprio finale ben nove parti vocali.
Dopo tale impresa i salisburghesi si recarono a Napoli, dove soggiornarono per sei settimane e dove la proverbiale scaramanzia partenopea additava all’anello che portava il compositore al dito la genesi delle sue incredibili capacità musicali, tanto da costringerlo a toglierselo.
Ma a parte la scaramanzia, Napoli nel 1770 era la Capitale della Musica oltre che quella di un Regno, e i Mozart ebbero modo di sondare il terreno della produzione musicale napoletana. Amadeus era attratto dagli innovatori della musica a Napoli: Traetta, Cafaro, Francesco De Majo e principalmente Paisiello. Da Paisiello – secondo Abert – il giovane Mozart doveva apprendere diversi aspetti «[…] sia per i nuovi mezzi espressivi sia per l’uso drammatico-psicologico degli strumenti.». Mozart a Napoli viene ad imparare, tuttavia la città lo ignora, nonostante i positivi riscontri ottenuti dai Mozart durante il soggiorno a Bologna e a Roma. Ferdinando IV di Borbone, all'epoca diciottenne, non lo riceve a corte se non in una visita di cortesia presso la Reggia di Portici. Per Mozart non arriva nessuna scrittura nei Teatri napoletani, nessun concerto alla corte della Capitale della Musica. La qualità e la quantità della musica prodotta a Napoli induce il padre Leopold in una lettera al figlio del 23 febbraio del 1778 ad affermare: «Adesso la questione è solo: dove posso avere più speranza di emergere? Forse in Italia, dove solo a Napoli ci sono sicuramente 300 Maestri […] o a Parigi, dove circa due o tre persone scrivono per il teatro e gli altri compositori si possono contare sulle punte delle dita?»
Il viaggio di ritorno verso la casa natia iniziò con una nuova sosta a Roma, dove Papa Clemente XIV gli conferì lo Speron d’oro. Indi ripartirono passando per Bologna, dove come detto sopra, Mozart sostenne l’esame all’Accademia, e giunsero poi a Milano dove Wolfgang sperò di rimanere come compositore di corte, ma le sue aspettative furono frustrate da Maria Teresa d’Austria . A marzo del 1771 i Mozart tornarono a Salisburgo dove vi rimarranno fino ad agosto, quando ripartiranno per un secondo viaggio in Italia, di quattro mesi.
A Milano in ottobre viene rappresentata l’opera Ascanio in Alba su libretto di Giuseppe Parini per celebrare le nozze dell’Arciduca Ferdinando d’Asburgo-Este d’Austria con la Principessa Maria Beatrice Ricciarda d’Este di Modena.
Nel dicembre dello stesso anno Wolfgang con suo padre torna nella città natale.
Il terzo e ultimo viaggio in Italia durò dall'ottobre del 1772 fino al marzo del 1773, periodo in cui di rilievo è la composizione e la rappresentazione dell'opera Lucio Silla a Milano. Dopo un iniziale insuccesso, questa opera seria divenne ancora più rappresentata e apprezzata della precedente e applaudita Mitridate, re di Ponto, su libretto di Cigna-Santi basato sull'omonima opera francese di Racine tradotta dal Parini, e diretta dallo stesso Mozart per la stessa città nel 1770.
Da Salisburgo e Vienna (1772 – 1781)
Maestro a Salisburgo
Doveva essere chiaro, non solo a Wolfgang ma anche a suo padre, che una piccola corte provinciale come quella salisburghese non era un posto adatto ad un genio del suo calibro.
Nel 1777 egli chiese all'arcivescovo il permesso di assentarsi da Salisburgo e, accompagnato dalla madre, partì alla ricerca di nuove opportunità. La corrispondenza tenuta con suo padre nel corso dei sedici mesi di viaggio non solo fornisce informazioni su cosa Mozart facesse, ma getta una vivida luce sul cambiamento nelle loro relazioni. Wolfgang, ora ventunenne, sentiva sempre più il bisogno di affrancarsi dalla dominazione paterna, mentre le ansietà di Leopold circa il loro futuro assumevano dimensioni patologiche. Mozart e la madre si recarono in primo luogo a Monaco, dove l’Elettore rifiutò cortesemente di offrire a Mozart un posto presso la sua corte. Quindi essi andarono ad Augusta, facendo visita ai parenti paterni; qui Wolfgang iniziò una vivace amicizia con la cugina Maria Anna Thekla (con la quale in seguito tenne una corrispondenza piena di umorismo allegro e osceno).
Alla fine di ottobre Mozart e la madre giunsero a Mannheim, la cui corte dell’Elettore Palatino era una delle più famose ed evolute in Europa sul piano musicale. Mozart vi soggiornò per più di quattro mesi, sebbene comprendesse presto che neppure lì c’era posto per lui. Egli divenne amico di vari musicisti di Mannheim, insegnò musica e suonò, si innamorò di Aloysia Weber, un soprano, seconda delle quattro figlie di un copista di musica. Compose varie sonate per pianoforte, alcune con accompagnamento di violino. Prospettò al padre un progetto di viaggio in Italia con i Weber; tale proposta, del tutto irresponsabile, fu respinta da Leopold con una replica adirata: «Via, a Parigi! e che tu possa presto trovare il tuo posto tra i grandi uomini: aut Caesar aut nihil.»
Il piano prevedeva che Wolfgang dovesse andare da solo nella capitale francese, ma poiché il padre non aveva grande fiducia nelle capacità amministrative del figlio, decise che dovesse essere ancora accompagnato dalla madre. Essi raggiunsero Parigi verso la fine di marzo del 1778 e Mozart trovò ben presto da lavorare. Il suo risultato più importante è la sinfonia (KV 297) composta per i Concerts spirituels, una brillante composizione in Re maggiore con la quale egli soddisfece il gusto del pubblico parigino con grandi sfoggi orchestrali, senza però sacrificare l'unità della composizione.
Il giorno del debutto della sinfonia, il 18 giugno, sua madre era seriamente malata. Anna Maria Pertl coniugata Mozart, morì il 3 luglio 1778 e fu sepolta nel cimitero di Saint Eustache; al suo funerale erano presenti solo il figlio Wolfgang e l'amico Heina.
Mozart scrisse dapprima a Leopold parlando di una grave malattia, e nel contempo scrisse un’altra lettera ad un amico di Salisburgo, l'abate Franz Joseph Bullinger, chiedendogli di preparare il padre alla triste notizia. Wolfgang andò quindi ad abitare con Friedrich Melchior, barone von Grimm, un amico tedesco. Poco tempo dopo Grimm scrisse a Leopold parlando pessimisticamente delle prospettive di Wolfgang a Parigi. Leopold negoziò pertanto con l’arcivescovo la riassunzione del figlio alla corte di Salisburgo, con il ruolo di organista. Richiamato a casa, Wolfgang, sia pure riluttante, obbedì e si diresse verso la città natale, passando per Mannheim, dove fu accolto freddamente da Aloysia Weber. Alla metà di gennaio del 1780 egli era di nuovo a Salisburgo.
Rottura con l’Arcivescovo
Wolfgang tornò quindi assai contrariato nella sua città natale: con la morte della madre e la presa di coscienza delle proprie capacità musicali, egli aveva sempre più voglia di poter viaggiare e confrontarsi con le nuove realtà culturali, cose che sicuramente la piccola e provinciale Salisburgo non poteva offrirgli. A Salisburgo egli era alle dipendenze, come del resto il padre Leopold, della Corte Arcivescovile, Leopold come vice-direttore di cappella, Wolfgang come organista. A Wolfgang, tuttavia, questa occupazione andava stretta: mentre per il padre era importante che il figlio potesse consolidare sempre più la propria posizione di dipendente con uno stipendio fisso, Wolfgang aspirava a qualcosa di più, forse ad essere un artista completamente libero. In questo senso Mozart era veramente figlio del suo tempo, dell’epoca che avrebbe cioè portato alla Rivoluzione Americana e alla Rivoluzione Francese. A causa di tale sete di libertà, Wolfgang cominciò ad avere dissidi sempre più frequenti col padre (che vedeva in lui un degno successore per un incarico ben stipendiato alla corte locale), ma soprattutto con l’Arcivescovo di Salisburgo Hyeronimus Colloredo, al quale spesso le biografie su Mozart dedicano giudizi ingrati. Di sicuro egli, che può essere definito a ben vedere un degno rappresentante del Dispotismo illuminato (aveva un busto di Voltaire nella sua residenza), non capì di aver un genio al proprio servizio ma è anche vero, però, che Mozart domandasse sempre più di frequente licenze straordinarie e sempre più lunghe, cosa che Colloredo, ovviamente, mal sopportava. Ciò, in modo inevitabile,non poteva che portare ad una rottura tra i due. L’occasione arrivò presto. Grazie ai contatti con i Weber, a Wolfgang venne commissionata un’opera, Idomeneo, ossia Ilia ed Idamante, da rappresentarsi a Monaco. Convinto di poter accattivarsi con questa il favore della Corte, Mozart si gettò nella composizione con entusiasmo, e alla fine del 1780 era nella capitale bavarese. Il 29 gennaio 1781 Idomeneo andò in scena con successo trionfale, tanto che ne vennero disposte numerose repliche; nello stesso periodo, l'Imperatrice Maria Teresa moriva, e l’Arcivescovo Colloredo si recò a Vienna per i funerali.
Questi fatti «costrinsero» Wolfgang a rimanere più del dovuto fuori sede e a raggiungere il suo padrone nella capitale austriaca: ufficialmente per ricongiungersi a lui e scusarsi, in realtà con lo scopo di farsi assumere dal nuovo Imperatore Giuseppe II, cosa che però non accadde. Mozart solo nel 1787 sarà nominato compositore di corte, incarico modesto seppur retribuito con 800 fiorini l’anno (Gluck ne avevi presi quattromila).
Le cose andarono bene per Mozart, nel senso che l’Arcivescovo, stizzito per il suo comportamento, lo fece letteralmente buttare fuori dal palazzo dal suo Camerlengo con una «storica» pedata nel fondoschiena. A nulla valsero le suppliche di papà Leopold al risoluto porporato: il figlio, licenziato, rimase a Vienna con l'intenzione di vivere come libero artista, cioè senza impieghi fissi pur componendo musica per la Corte. Mozart rimarrà nella capitale austriaca, salvo brevi periodi, per il resto della sua vita, componendovi le sue musiche migliori e morendovi giovane, senza conoscere mai il vero successo.
Il successo viennese (1782 – 1790)
Mozart a Vienna
Mozart, che andò ad abitare con i suoi vecchi amici Weber cercò di guadagnarsi da vivere a Vienna. Sebbene fosse desideroso di ottenere un impiego presso la corte imperiale, per il momento egli iniziò ad insegnare ad alcuni allievi, a scrivere musica per gli editori e a suonare nei concerti, che a Vienna si tenevano nelle case nobiliari piuttosto che in pubblico. Mozart cominciò inoltre a comporre una nuova opera, «Die Entführung aus dem Serail» (KV 384).
Nel 1781 egli chiese la benedizione del padre sul suo matrimonio con Constanze Weber, della quale era innamorato e con la quale, probabilmente a causa delle macchinazioni della madre di lei, era in un certo senso impegnato. Poiché in seguito Constanze distrusse le lettere di Leopold – per ragioni facili a immaginarsi – esiste solo un lato della corrispondenza, quella indirizzata da Wolfgang al padre. Le reazioni di quest'ultimo, comunque, possono essere agevolmente dedotte dalle lettere del primo: sembrerebbe che questo periodo le relazioni tra padre e figlio non siano state delle migliori.
Dal punto di vista musicale, nella prima parte dell'anno 1782 le maggiori preoccupazioni di Mozart riguardarono Die Entführung aus dem Serail (KV 384). L’opera, dopo vari rinvii, raggiunse la scena del Burgtheater il 16 luglio. L’aneddoto secondo il quale l’imperatore avrebbe commentato «troppe note, mio caro Mozart» probabilmente non è del tutto reale, ma esso è sintomatico: l’opera ha davvero più note di altre composizioni analoghe. «Die Entführung aus dem Serail» ebbe un immediato e duraturo successo. Ben presto entrò nel repertorio di compagnie teatrali itineranti e di provincia – come aveva fatto, sia pure in misura minore, La finta giardiniera (KV 196) – e contribuì a diffondere la fama di Mozart in tutte le nazioni germanofone.
Per Mozart iniziò adesso il periodo più produttivo e fortunato della sua vita. Egli aveva scritto una volta al padre che Vienna era «la terra del pianoforte»: e infatti i suoi maggiori successi li raccolse come pianista-compositore. Nell’intervallo di tempo di poco più di cinque settimane egli tenne ventidue concerti, soprattutto nelle case Esterházy e Galitzin, ma anche cinque volte a casa propria. Nel febbraio 1784 Mozart iniziò a tenere un catalogo delle proprie composizioni, cosa che suggerisce una nuova consapevolezza della posterità e dei suoi rapporti con essa. Nei concerti, normalmente egli suonava il pianoforte, sia brani già scritti sia improvvisati al momento.
Mozart raggiunse un nuovo livello nella composizione di concerti per pianoforte: questi concerti sono sinfonici, ricchi nella melodia, ingegnosi nell'orchestrazione, e sono al tempo stesso capaci di mescolare mirabilmente l’elemento virtuoso del solista nella struttura musicale dell’insieme.
Nel 1785 Haydn disse a Leopold, mentre questi era a Vienna in visita al Wolfgang: «Vostro figlio è il più grande compositore che io conosca di persona o di nome; egli ha buon gusto e, cosa ancora più importante, una profondissima conoscenza dell’arte di comporre.»
Malgrado i grandi successi come pianista e compositore, lo stato delle finanze di Mozart non era delle migliori. Pur essendo le entrate di notevole entità, infatti, egli spendeva molto per poter essere accolto da pari a pari nell'alta società. Il consiglio di Leopold di essere riservato («come un Inglese») con gli altri musicisti ma amichevole con l’aristocrazia aveva il suo prezzo. La vita «nobiliare» condotta da Mozart e dalla moglie li portò ad avere gusti e abitudini eccessivamente dispendiosi rispetto alle loro entrate. Una possibile fonte di salvezza sul piano economico sarebbe potuta venire da un incarico stabile presso la corte imperiale, ma Mozart sapeva che l’influenza musicale italiana sulla corte, e in particolare quella del Kapellmeister Antonio Salieri, era troppo potente ed esclusiva per poter sperare di essere assunto stabilmente presso la corte; i suoi rapporti personali con Salieri, tuttavia, furono sempre amichevoli.
Il successo presso il teatro di corte era un importantissimo traguardo per un compositore. L’imperatore Giuseppe II aveva rivolto le sue preferenze verso l’opera italiana e perciò, sin dal 1783, Mozart aveva cercato libretti italiani adatti per comporre una propria opera: egli aveva conosciuto Lorenzo da Ponte, un avventuriero italiano, abate più di nome che di fatto, che era un abile poeta e librettista presso il teatro di corte. Su invito di Mozart, da Ponte scrisse un libretto, Le nozze di Figaro, basato su una commedia di Beaumarchais, Le mariage de Figaro, eliminandone però le implicazioni politiche per renderlo accettabile alla censura austriaca.
La principale occupazione di Mozart durante il 1787 fu la composizione del Don Giovanni (KV 527), che doveva essere rappresentato a Praga. La prima esecuzione ebbe luogo il 29 ottobre e riscosse un notevole successo. Il Don Giovanni fu la seconda opera di Mozart basata su un libretto di da Ponte. L’opera è un «dramma giocoso» che, per via del suo più serio trattamento dei personaggi, raggiunge una maggiore potenza espressiva di quella ottenuta da un’opera buffa.
Ultime opere (1791)
Mozart morì cinquanta minuti dopo la mezzanotte del 5 dicembre 1791. Le esequie furono celebrate il 6 dicembre, alle tre del pomeriggio. Il feretro fu portato al Duomo di Santo Stefano, davanti alla Cappella del Crocifisso, nei pressi del cosiddetto «pulpito di Capistran», dove per i funerali più modesti la benedizione avveniva all’aperto. Il corpo venne poi sepolto in una fossa comune del cimitero di San Marco. L'immagine che vuole Mozart morto povero e dimenticato da tutti non corrisponde pienamente al vero. La sepoltura in una fossa comune era consona allo status sociale di Mozart e non fu dettata da motivi economici. Mozart, d’altronde, pur non godendo di un successo strepitoso negli ultimi suoi anni di vita, era pur sempre imperial-regio compositore di corte con un modesto stipendio di 800 fiorini l’anno. Peraltro, va notato come – pur essendo di fatto andato disperso l’esatto luogo di sepoltura di Mozart – vi siano a Vienna ben due monumenti funerari del compositore in due diversi cimiteri, uno presso il Cimitero di St. Marx ed un altro presso il centrale cimitero di Zentralfriedhof.
La malattia e la morte di Mozart sono stati e sono tuttora un difficile argomento di studio, oscurato da leggende romantiche e farcito di teorie contrastanti.
Gli studiosi sono in disaccordo sul corso del declino della salute di Mozart, in particolare sul momento in cui Mozart divenne conscio della sua morte imminente e se questa consapevolezza influenzò le sue ultime opere.
L’idea romantica sostiene che il declino di Mozart fu graduale e che la sua prospettiva e le sue composizioni declinarono anch’esse in ugual misura. Al contrario, qualche erudito suo contemporaneo sottolineò come Mozart nell’ultimo anno fosse di buon umore e che la morte giunse inattesa anche per gli amici e la famiglia stessa.
Anche l’effettiva causa del decesso di Mozart è materia di congettura. Il suo certificato di morte riporta hitziges Frieselfieber («febbre miliare acuta», che allora era considerata contagiosa, o «esantema febbrile»), una definizione insufficiente a identificare la corrispettiva diagnosi nella medicina odierna. Sono state avanzate diverse ipotesi, dalla trichinosi all'avvelenamento da mercurio, alla febbre reumatica o, più recentemente, la sifilide. La pratica terapeutica del salasso, all'epoca diffusa, è menzionata come concausa della morte.
Mozart morì lasciando incompiuto il Requiem. Il completamento del Requiem fu affidato dalla moglie del compositore in un primo tempo al musicista Joseph von Eybler, il quale, tuttavia, ben presto si fece indietro. Fu allora chiamato il giovane compositore Franz Xaver Süssmayr, allievo e amico di Mozart che terminò il lavoro, completando le parti non finite e scrivendo ex novo quelle inesistenti.
Nel 1809 Constanze Weber, la vedova, si risposò col diplomatico danese Georg Nikolaus von Nissen (1761 – 1826), grande ammiratore di Mozart e autore di una delle prime biografie dedicate al musicista. Per questo lavoro di sicuro Nissen attinse a testimonianze di Constanze, la quale, però, non può essere considerata una fonte del tutto attendibile. Ad esempio dalle lettere scritte da Mozart ad amici e familiari (alla stessa Constanze, ad esempio) Nissen e Constanze cancellarono spesso le parti più scurrili e ciò nel chiaro intento di idealizzare la figura del compositore.
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